Quando si sta bene
L’iniziale breve sosta alle terme si è trasformata in ben tre settimane di pace. Il posto che abbiamo trovato per Rocco è perfetto: ombreggiato, vicino a due fonti di acqua pura, con il rumore del ruscello che ci culla durante la notte. Piano, piano, abbiamo conosciuto gli abitanti del paesello, finendo per esplorare a piedi anche i dintorni più discosti.
Al compleanno di Nat, il 28 giugno, abbiamo organizzato un picnic sulla cima del monte verso il Kosovo. Siamo partiti motivati e con gli zaini pieni di prelibatezze. Il sole del mattino era già caldo e ci faceva sudare lungo la ripida salita. La nostra intenzione era di superare il monte e scendere verso il paesino sul fianco opposto, Parada. In paese ci avevano detto che non si poteva sbagliare strada, una volta raggiunto il ripetitore dei telefoni. I paesaggi erano splendidi: dal bosco si usciva diritti sui prati pieni di fiori, che una volta erano sicuramente pascoli per i contadini della zona. Arrivati al ripetitore, non c’era alcuna indicazione e così al bivio seguente abbiamo seguito la direzione che ci sembrava andasse verso Parada. Abbiamo fatto il nostro picnic celebrativo e abbiamo ripreso il cammino. Dopo un po’, ci siamo resi conto di aver sbagliato percorso e ci siamo trovati in pieno bosco, dapprima di alti e maestosi faggi e poi di rovi e arbusti spinosi. Che fare? Abbiamo continuato imperterriti, graffiandoci ben bene le braccia e le gambe, fino a sbucare sulla strada di Parada, un paio di ore dopo. Il piccolo paesino ha un grande fascino, ma è ormai praticamente abbandonato. Le case, i recinti, i granai testimoniano di una comunità una volta numerosa e di un’attività agricola intensa, ma ora iniziano a mostrare i segni dell’abbandono. Solo l’abbaiare dei cani e uno spazio di erba tagliata di fresco testimoniavano la presenza umana.
Da lì, abbiamo preso una comoda strada sterrata che scende verso Lukovska Banja e dopo un paio di chilometri vi abbiamo incontrato un arzillo vecchietto vestito a festa che saliva da solo verso il monte. Portava un bel paio di baffi candidi e ci ha fermati per una chiacchierata. Si trattava proprio dell’ultimo abitante di Parada, un ottantenne che per bersi una birra in compagnia scende e risale a piedi i sei chilometri che separano Parada da Lukovska Banja. In breve, ci ha raccontato il suo disappunto per essere costretto a tanta fatica, mentre i suoi tre figli sono troppo occupati altrove.
Si rivolgeva soprattutto all’uomo e cioè a Francesco, che annuiva, esclamando regolarmente “da” e “dobro” (sì e bene), dando l’impressione di capire tutto. A un certo punto Nat lo ha informato che Francesco parla italiano e non capisce granché della lingua serba. Il nonnetto Miloš lo ha guardato un po’ sorpreso, sbottando divertito: “Ah, non è serbo?! Allora, ammazzalo subito!”. Abbiamo riso di gusto per questa battuta così cruda! Dopo esserci salutati, abbiamo ammirato la sua forza di volontà: dodici chilometri a piedi, in quasi ogni giornata di bel tempo, non sarebbero una passeggiata nemmeno per un giovanotto.
Con il passare dei giorni, abbiamo approfondito le conoscenze con gli abitanti del luogo. La nostra verduraia di fiducia ci informava sui pettegolezzi del paese e ci faceva arrivare roba introvabile nel villaggio, poiché scendeva regolarmente a Kuršumljia, una cittadina a 35 km più a valle. Il suo negozio gode dell’ombra di un albero ed è spesso una tappa per qualche anziano affaticato dal caldo estivo. Tra questi, una signora ottentaduenne che ha conquistato tutti con il suo spirito positivo e gioviale, il suo sorriso da bambina e l’aspetto curato da nonna d’altri tempi. Nat non mancava mai di fermarsi per chiacchierare con lei. L’andremo sicuramente a trovare, dato che abita a Blace, a pochi chilometri da Čučale.
Anche con Dana ci fermavamo volentieri a parlare. Dana è una anziana abitante trasferitasi proprio da Parada qualche anno fa, insieme al figlio scapolo. Con il suo foulard da contadina in testa e l’occhio ancora vispo, ci sedevamo spesso sulla stessa panchina per scambiare due chiacchiere. È stato affascinante ascoltare le sue storie, che dipingevano un quadro della Storia della regione, attraverso le vicende dei suoi avi, della sanguinaria occupazione bulgara, di tempi in cui i piccoli paesini come Parada erano pieni di gente che si trovava ogni domenica alla festa campestre nelle strade di Lukovska Banja, a ballare con la musica dal vivo. Gli occhi le brillavano ancora al ricordo e noi potevamo solo immaginare le prime emozioni amorose in quella vita. Vite dure, da contadini di montagna. Ci raccontava di aver arato un intero campo da sola, conducendo l’aratro e il bue con una mano e tenendo un bimbo sulle spalle con l’altra. In un’altra occasione, già settantenne, mentre accudiva le mucche sui pascoli, era stata colpita da un infarto ed era stata portata fino in valle da un vicino. Lo raccontava ridendo, confidandoci che in realtà, siccome soffriva di mal d’auto, avesse sofferto più la nausea che i postumi dell’infarto. Dai suoi racconti traspariva che una larga fetta della popolazione maschile ha da sempre esagerato con l’alcol. In effetti, siamo costantemente invitati a condividere “la trinità”: caffè, birra e rakia, la grappa di prugne. In contemporanea, naturalmente. Meno male che siamo comunque “stranieri” e quindi “strani”, così ci facciamo perdonare quando rifiutiamo gentilmente, chiedendo se possiamo invece bere acqua con eventualmente qualche sciroppo fatto in casa.
Siamo andati a visitare Dana anche a casa sua, una vecchia casa ancora in ristrutturazione, a ridosso di un pendio vicino al bosco, per niente ideale per una nonna che ne ha già viste così tante. Sorseggiando l’ottimo sciroppo di more fatto in casa, Dana ci ha anche raccontato le vicende della recente guerra che ha avuto luogo soprattutto sul confine con il Kosovo. Ci ha parlato degli aerei che passavano regolarmente a bombardare i ponti e le infrastrutture, della paura al suono delle sirene e allo sconcerto di sapere che i combattimenti erano tra persone che fino a pochi anni prima erano compatrioti. Un’ennesima prova della follia e delle ferite che una guerra lascia per generazioni.
Un altro personaggio che ha toccato i nostri cuori è Gricko, un ometto sulla cinquantina, dal naso imponente e dal sorriso smagliante. È da lui che abbiamo comperato i primi porcini trovati nei boschi circostanti, al nostro arrivo alle terme. Ogni incontro è stato amichevole, con ripetuti inviti ad andarlo a trovare a “casa” sua. Casa per modo di dire, dal momento che abita in una rovina che si tiene in piedi per miracolo, sotto due enormi costoni di roccia che torreggiano sul fianco della montagna. Gricko ci ha tenuto moltissimo a farci un bel regalo, che abbiamo ricambiato con uno dei nostri coltellini svizzeri.
Nel frattempo, abbiamo proseguito con i nostri bagni quotidiani nelle pozze termali e i nostri giretti nella Natura, rimandando giorno per giorno la partenza, anche perché giù a valle le temperature continuavano ad essere torride e afose. Quando si sta bene in un posto, il tempo passa davvero in un lampo. Oggi è il nostro ultimo giorno a Lukovska Banja: è arrivato il tempo dei saluti.
Domattina ci sposteremo a Niš, dove arriverà Oski, il figlio di Nat, per trascorrere le sue vacanze scolastiche con noi. Stiamo già facendo i piani sui luoghi da visitare insieme, non senza una certa difficoltà, perché la Serbia riserva gradite sorprese in ogni direzione.