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Majdanpek ha l’oro in bocca

Oscar, il figlio ventiquatrenne di Nat, è con noi da un paio di settimane. Oltre a condividere con noi la vita in camper, ha scritto le sue impressioni sulla tappa a Majdanpek, che pubblichiamo molto volentieri.

Proseguendo verso il nord, costeggiamo l’imponente fiume Danubio che separa la Serbia dal suo vicino rumeno e decidiamo di fermarci nella cittadina di Majdanpek, attorniata dai monti Homolje, per farvi una sosta per il pranzo. Troviamo la Kafana kod Bufana, una trattoria di cibi locali che a primo impatto ricorda un locale degno delle highways del Mississippi: una piccola struttura di legno con una tettoia spiovente che offre ombra ai commensali installati in terrazza. Quando arriviamo, il ristorante ha aperto da pochi minuti. Siamo i primi clienti.

Come succede quotidianamente in Serbia, qualcuno ci viene a parlare. In questo caso è il padrone del locale a cui abbiamo inizialmente chiesto se fosse possibile lasciare il camper sul piazzale condiviso tra la sua proprietà e il centro sportivo cittadino. Entrando nel merito della discussione, ci racconta la funesta storia di Majdanpek e del suo futuro tutt’altro che roseo. Inizia a narrarci che la città è conosciuta da secoli per le sue risorse minerarie, principalmente di oro e di rame, sfruttate sin dall’Impero Romano. Il nome stesso porta il peso di questa eredità: Majdan, infatti, significa “cava” in arabo, mentre pek è la parola turca per “grande, abbondante”.

Durante la Jugoslavia di Tito, l’estrazione dell’oro avveniva principalmente per la realizzazione di gioielli attraverso una grande complesso industriale che impiegava più di ottocento persone. La città si popolò di circa 15’000 abitanti e la vita cittadina era fiorente. Ancora oggi si trovano un enorme centro culturale in rovina, oltre che diversi chioschi e locali commerciali vuoti e abbandonati, testimoni di una vita urbana passata vivace e dinamica. Durante la guerra degli anni ’90, è iniziato il suo declino: la metà degli abitanti abbandona Majdanpek, mentre l’industria di minerali si blocca e viene smantellata.

A conflitto terminato, la Cina contribuisce a ricostruire la Serbia in maniera proattiva. Le aziende dell’impero di mezzo, attraverso regimenti di propri operai, riedificano strade, ponti e infrastrutture di ogni genere. Ovviamente tutto ciò non nasce da uno slancio di solidarietà, ma è accompagnato da un conto salato che si sconta con lo sfruttamento delle risorse locali. Il governo cinese dispone ora delle risorse minerarie della zona. Alla multinazionale incaricata dei lavori non basta trivellare sui luoghi lasciati dalle precedenti miniere: il progetto dell’azienda è molto più ambizioso e prevede l’espansione dei lavori sui monti circostanti per estrarre il rame che si trova sotto le rocce.

Gli abitanti della città subiscono un forte inquinamento di polveri fini dovuto agli scavi, sono molto legati a ciò che resta della natura e percepiscono la presenza cinese come un ingombro. Per questo motivo, un comitato di militanti si accampa quotidianamente sulla cima del monte. Piantata la bandiera serba per indicare che quella è la loro terra, dall’alto diffondono le loro rivendicazioni a suon di Rolling Stones e Metallica attraverso degli impianti che riversano sulla città musica in continuazione, anche di notte.

Il seguito del progetto è ancora più inquietante: stando a quanto afferma il proprietario del ristorante, il colosso cinese avrebbe fiutato un filone d’oro sotto il timido fiume che attraversa la città. Il piano? Espropriare, sfrattare e scacciare tutti gli abitanti, demolire le loro abitazioni e mettere a soqquadro la cittadina per ricavarne una miniera taglia XXL per l’estrazione dell’oro. La pressione sui residenti è già cominciata tramite frequenti tagli di luce e acqua. L’azienda sembra decisa a conquistare la città a qualsiasi costo con l’aiuto del governo serbo in debito per i favori ricevuti. I media nazionali tacciono e anche a livello internazionale la notizia non fa eco.

La situazione di Majdanpek è tragica e assomiglia molto a quella di molti paesi africani: giace su indicibili ricchezze che le vengono sottratte alla luce del giorno, letteralmente sotto il naso. I cittadini lottano come possono, opponendosi all’avanzamento dei lavori, ma il nuovo arrivato è potente e blocca facilmente qualsiasi opposizione al suo progetto con la complicità del governo serbo. La musica che i manifestanti emettono dai loro amplificatori echeggia nella valle e tiene in allerta gli abitanti, ma non arriva fino alle orecchie sorde di Belgrado.

Dopo tutti questi racconti, l’ottimo cibo che abbiamo mangiato alla Kafana kod Bufana ci è rimasto sullo stomaco per ore. È difficile digerire tale prevaricazione e ingiustizia!

2 thoughts on “Majdanpek ha l’oro in bocca

  1. Ciao Nat, Francesco e Oski, tristissimi i soprusi imperialisti che la cittadina deve subire! Purtroppo la popolazione urbana ha poca empatia per le campagne, le classi meno abbienti pensano solo a pagare gli affitti sempre piú alti e sono chiuse tra i loro grattaceli anche mentali… Peccato perché se dalle cittá del mondo ci fosse piú soludarietá colle campagne (almeno quelle piú vicine a loro) secondo me l’impatto sarebbe inimmaginabile. Per fortuna che c’è un po’ di rock duro (proveniente dalle cittá) che sicuramente infonde forza agli abitanti e ne ispira la resistenza. Forse i movimenti ecoligisti di Zurigo ecc possono aiutarvi a diffondere la voce degli abutanti di Majdanpek nell’occidente? Cari saluti, Adri

    1. Ciao Adri, grazie per il tuo contributo. Questa è la contraddizione dei tempi in cui viviamo: da una parte desideriamo comodità e prodotti a buon mercato, dall’altra non vorremmo che l’ambiente fosse devastato per ricavare le materie prime necessarie a sostenere il nostro stile di vita. Comunque sia, non dimenticheremo la visione del buco della miniera: un abisso di trecento metri avvolto di polvere in cui si distinguevano le sagome dei camion e delle macchine che ne percorrono le fiancate, lungo ripide salite.

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