Maffini e mignoni
Qui a Belgrado la nostra vita continua a ruotare attorno alle cure di Petar, che si sta inesorabilmente avvicinando alla partenza definitiva, nel conforto di casa sua.
La nostra squadra è ormai collaudata e le giornate si susseguono tranquille. Sono le notti a rappresentare una sfida, tra irrequietezza, allucinazioni e notti in bianco, con Mira e Nat che dormono accanto a lui a turno e al mattino si aggirano stordite per le continue interruzioni del sonno.
Petar non ha più memoria a corto termine per cui non si ricorda di aver appena mangiato e reclama cibo in continuazione, con un effetto esilarante. Ha una nuova passione per i dolci e in particolare per i muffin e i piccoli dolcetti, che lui ha battezzato “maffini” e “mignoni”. Quando è sveglio, passa molto tempo a richiedere questi maffini e mignoni, ma anche polenta, fagioli o semplice pane. Noi gli portiamo fette di mela o banana, con qualche biscotto occasionale. Poi arriva il momento della richiesta di caffè e la cosa è sorprendente, dato che Petar non l’ha mai bevuto prima. E così ci siamo inventati un “caffè” fatto con latte di mandorla e polvere di cacao che gli piace un sacco.
Per ossigenarci ci prendiamo dei momenti per passeggiare con Numi. La zona qui è ricca di aree verdi, tra la collina di Dedinje con le sue ambasciate, il parco delle piscine, il bosco attorno alla facoltà di Scienze sportive, fino al Pionirski Grad, una grande area verde dove si svolgevano le attività dei giovani “pionieri” all’epoca della Jugoslavia. In disuso ormai da decenni, resta un luogo affascinante, con i vecchi dormitori e gli edifici che ospitavano centinaia di bambini e giovani. Numi approfitta della natura per vagare annusando tra gli alberi, felice tra tutta quell’erba e i cespugli verdi e fioriti.
Tre settimane fa, Nat è caduta proprio in uno di questi boschi, ferendosi la mano sinistra. Sembrava una semplice slogatura, non le faceva troppo male e non ci ha prestato troppa attenzione. Tre settimane dopo però, la mano era ancora gonfia e il polso stranamente non allineato, fatto che ha allarmato Tanja, un’ospite venuta a renderci una visita. Non ha voluto sentire ragioni e con una telefonata ha organizzato un controllo al centro d’urgenze di Belgrado.
Scettici e un po’ inquieti, abbiamo preso l’auto di Petar per recarci al Pronto soccorso. L’edificio appariva nuovo di zecca, con ampie e moderne vetrate e il tipico viavai di ambulanze e pazienti. Lì, le nostre strade si sono divise: Nat è entrata nell’edificio, mentre Francesco è andato a fare il pieno di frutta e verdura al nostro mercato preferito, al Blok 44 di Novi Beograd, dove la nostra amica Jelena porta le sue verdure bio, donandocele in quantità molto abbondanti.
Una volta risucchiata all’interno del Pronto soccorso, per Nat è iniziata la corsa a ostacoli. Il primo impatto è stato apocalittico, con una moltitudine di malati e feriti, chi in barella, chi in sedia a rotelle o anche in piedi, addossati uno all’altro, in attesa di essere assegnati ai vari reparti per le cure del caso. La telefonata di Tanja aveva accellerato la parte burocratica, facendo passare Nat direttamente al reparto ortopedico, che dopo un’attesa che pareva infinita, è stata finalmente accolta da un giovane assistente medico forse un po’ troppo sicuro di sé e da una signora dai capelli rossi in abiti civili. Senza neanche guardarla in faccia o salutarla, con un tono brusco le hanno chiesto il motivo della sua presenza, tempestandola di rimproveri per non essersi presentata prima. Subito dopo, l’hanno spedita in labirintici corridoi per cercare il reparto radiologia, dove ha trovato un po’ di conforto in un tecnico tanto gentile quanto imponente e squadrato. Con le gigantesche radiografie nella mano sana, Nat si è ripresentata davanti al “simpatico” duo che, senza alcun preavviso, ha iniziato a tirarle e a martoriarle il polso, tra le sue urla senza ritegno… In quattro e quattr’otto si è ritrovata con un braccio ingessato, senz’altra spiegazione. La prognosi è stata lapidaria: il polso era rotto e, dato il presunto ritardo a farsi visitare, la mano sarebbe rimasta compromessa e storta a vita. A dire il vero, quella che sembrava storta e malfatta era proprio la gessatura, che teneva la mano piegata in una posizione innaturale e provocava l’intorpidimento alle dita e un progressivo dolore, mai provato nelle settimane precedenti.
Nel frattempo, Francesco e Numi erano andati al mercato di Novi Beograd per il carico settimanale di verdure. La mattinata del sabato stava per concludersi e la zona attorno al mercato ferveva di attività. Con un colpo di fortuna, hanno trovato un posteggio nelle vicinanze e, dopo aver svoltato l’angolo della strada, sono arrivati davanti al Ritual, un bar dove solitamente ci fermiamo per una piccola sosta, il tempo di riposare le braccia dal peso delle borse.
Stranamente per un giorno di mercato, il bar era chiuso ma, avvicinandosi, Francesco ha notato strani fori nella vetrina. Sul gradino d’ingresso, erano appoggiati dei fiori bianchi e un lumino, insieme a un annuncio funebre: due sere prima il giovane proprietario del bar era stato assassinato. Le cronache raccontano che una persona vestita da operaio, dopo aver usato il bagno del locale, aveva puntato la pistola alla testa della vittima, uccidendola con freddezza, riuscendo a fuggire su un monopattino elettrico, nascosto in un cespuglio lì accanto.
Il contatto con i segni della violenza umana ha provocato a Francesco un senso di dolore, tristezza e nausea. Tutti i colori del mercato, gli odori, le persone, il fermento di attività e di auto, per un attimo gli sono sembrati un teatrino senza senso, se una vita può essere tolta così, in pochi secondi, con un gesto calcolato e privo di compassione.
La musica di un giovanissimo e talentuoso fisarmonicista e di un clarinettista dal suono rotondo e intonato lo hanno riportato alla gioia di vivere, all’azzurro limpido del cielo e al verde brillante di primavera. La vita va avanti, malgrado tutto. Appena finite le spese, è arrivato il messaggio di Nat: “Il polso è rotto, vienimi a prendere”. Riattraversato il ponte sulla Sava che unisce Novi Beograd al centro, ci siamo così ritrovati, con Nat ancora scossa dall’esperienza vissuta al Pronto soccorso.
Sulla strada verso casa abbiamo iniziato a chiederci cosa fare: di tornare in ospedale per la visita di controllo non se ne parlava nemmeno. A quel punto ci ha chiamato Jelena per sapere come stava Nat e, sentito il disastroso resoconto, l’ha esortata a chiamare Djoko, il suo aggiustaossa di fiducia. Detto, fatto. Nat ha telefonato a Djoko che ci ha detto di andare subito da lui, così abbiamo ripreso l’auto per percorrere i 70 chilometri che ci dividevano, fino ad arrivare alla sua vecchia casa, tipica della campagna della Vojvodina. Djoko ha ricevuto il dono della guarigione da sua madre ed è famoso in tutta la zona e oltre. Con fare simpatico e sicuro di sé, ha tolto il gesso di Nat e… l’ha tormentata anche lui! Il polso, però, ha subito mostrato un miglioramento e tutto il braccio sembrava più allineato e vispo. L’ha anche rassicurata dicendole che la mano sarebbe guarita e non sarebbe di certo restata storta, come prognosticato in ospedale.
Anche Francesco ha approfittato dell’occasione per un’aggiustatina al gomito che lo infastidisce da diversi mesi, ma dovrà ritornare perché Djoko desidera lavorare con lui più in profondità, oltre che rivedere il polso di Nat. Torneremo al villaggio di Golubnici tra qualche giorno. Nel frattempo ci godiamo il fatto di essere usciti da questa intricata situazione più rinfrancati e fiduciosi, oltre ad aver conosciuto un guaritore d’eccezione.
Forza Nat la vita è piena di imprevisti ma con la fiducia si trova sempre la strada per venirne fuori…..questo mi avete insegnato con la lettura dei vostri scritti…grazie!!! Un abbraccio 🌻🍀😍
Cara Sonia,
sei proprio carina!
Viviamo momento per momento senza anticipare troppo sul futuro, anche perché non si può!
Ti mandiamo un affettuoso saluto da Belgrado,
Nat e Francesco
Cavoli ! Recupero le vostre avventure o sventure come sempre colpita dalla forza e l’energia che traspare dalle vostre righe ! Un abbraccio
Ciao Nene! Grazie per l’apprezzamento. Il viaggio insegna anche a trovare risorse e soluzioni in ogni situazione. Ogni tanto è faticoso, ma la botta di energia ne vale la pena. Un abbraccione!