posti e persone

La meteo detta legge

La nostra motivazione a salire sulla Stara Planina si è sciolta mano a mano che guardavamo gli aggiornamenti delle previsioni meteo. Il maltempo si era installato e il freddo sembrava volerci accompagnare ancora per parecchio tempo. Di andare dunque a visitare le vicine zone montane non se ne parlava proprio. Così abbiamo cambiato programma, costeggiando il massiccio montuoso, tra colline boscose e campi coltivati, fino a raggiungere il vodopad (cascata) Bigar. Non sapevamo cosa aspettarci e abbiamo ricevuto un bel regalo: il posto era magnifico, fatato, con le cascatelle che scendevano dal bosco, per riunirsi in un corso d’acqua pulitissima. Il sentiero saliva tra i boschi e ci ha condotti dapprima alla cascata principale, dove ancora ci sono i resti di un antico mulino, e poi alla sorgente e a un piccolo monastero dedicato a Sant’Onofrio. Sovrastante l’entrata dell’umile chiesetta adiacente all’edificio principale, il santo era raffigurato come un vero e proprio asceta: molto magro, con una lunghissima barba e un semplice panno a coprire il bacino. Al monastero abitava un unico monaco, padre Djordje. Insieme a noi, quel giorno, erano saliti fino a lì anche un giovane uomo e un bambino. Chiacchierando con Natascha, quell’uomo mostrava una conoscenza di temi religiosi quasi superiore a quella del monaco. In Serbia restiamo spesso stupiti dalla quantità di persone, giovani compresi, legata alla religione ortodossa con un sentimento che va al di là della semplice ritualità o consuetudine. Il luogo e i discorsi mistici avevano creato una bolla tranquilla e distaccata dalla frenesia del mondo e con questa sensazione abbiamo trascorso la serata e una notte di buon sonno, cullati dal dolce scroscio della cascata Bigar. Il mattino seguente, dopo la nostra ginnastica, è arrivato un furgoncino con una coppia che proprio lì, nei weekend, vende i propri prodotti fatti in casa, come marmellate, liquori e la famosa crema di peperoni, l’ajvar. Abbiamo acquistato da loro proprio un vasetto di ajvar, prima di ripartire verso Sokobanja.

Lungo la via abbiamo fatto una sosta a Knjazevac, una cittadina che non conoscevamo ancora. L’accesso lungo la strada principale non mostrava nulla di particolarmente interessante. Invece, una volta posteggiato Rocco e iniziato a percorrere a piedi le vie adiacenti, siamo arrivati al mercato cittadino proprio mentre il sole faceva capolino tra le nuvole. Il posto era pieno di gente e da lì, seguendo il lungofiume si arrivava fino al centro. Lungo le rive, le vecchie abitazioni erano state rimesse a nuovo e dipinte con colori vivaci, procurandoci un buon umore istantaneo. Lì accanto si trovava ancora la struttura in legno che faceva da centro di ritrovo durante l’occupazione ottomana e un piccolo memoriale ai caduti della prima guerra mondiale, con steli di pietra decorate con scritte e simboli molto particolari. La breve tappa si è conclusa lasciandoci un’impressione di un posto che ha saputo inventarsi un nuovo stile, preservando il fascino di altri tempi.

Sokobanja ci richiamava. Nei nostri giri in Serbia, è diventata, anno dopo anno, un punto magnetico dove spesso ci accade di transitare o sostare. Amiamo particolarmente Ozren, che si trova a qualche chilometro di distanza dal paese, salendo a 500 metri sulle colline. Lì è situata una piccola clinica oftalmologica, una struttura modesta e che mostra i suoi anni, ma con un ambiente naturale attorno particolarmente magico. Gli ospiti della clinica sono persone in età di pensione e ben oltre, molti dei quali ci tornano diverse volte all’anno e si conoscono tra loro. Accanto alla clinica sorge un piccolo condominio che risale agli stessi anni, al lato del quale è stato organizzato un baretto all’aperto, con tanto di ombrelloni, frigorifero per gelati e angolo per l’immancabile accoppiata caffè e grappa di prugne. In un angolo troneggia ancora un imponente edificio, un tempo meta di vacanza per il personale della compagnia aerea JAT, ora in stato di abbandono.

Quello che però ha conquistato i nostri cuori, e anche i nostri occhi, è il magnifico pratone davanti alla clinica, circondato da fitti boschi di alberi maestosi. Nonostante il cattivo tempo e le nubi basse che ci avvolgevano in una nebbia irreale, il verde era vibrante di primavera e l’aria carica di ioni negativi, che rendono così salutare quella zona. Ci siamo sistemati nel nostro posticino favorito e abbiamo usato a fondo il nostro riscaldatore, mettendo il naso fuori ogni volta che la pioggia ce lo permetteva. Siamo comunque riusciti a fare la nostra corsetta e ginnastica tutte le mattine e a fare delle passeggiate giù fino a Sokobanja e ritorno. Il maltempo imperversava dappertutto e così siamo rimasti a Ozren diversi giorni, che ci hanno permesso di scoprire nuovi sentieri, zone sconosciute e anche un angolino di bosco ancora coperto di aglio orsino, che ci ha deliziato con un ottimo pesto alle noci. Non abbiamo perso l’occasione nemmeno per un momento di benefico relax alle terme. Sokobanja è infatti una località termale nota da secoli per la sua acqua calda, carica di minerali. Siamo rimasti in ammollo per tutto il tempo necessario a scacciare l’umidità e il freddo accumulati durante le ultime settimane di maltempo.

Piano, piano, era arrivato anche il momento di avvicinarci al villaggio natale del padre di Nat, dove gli abitanti ci hanno accolto con il consueto calore, tutti un pochino più invecchiati e arruffati dal clima così anomalo per la metà di maggio. Subito ci siamo buttati su mille lavoretti: riaprire l’acqua, spolverare, spazzare, tagliare l’erba, spostare le mille cose da Rocco alla casa, tra abiti, cibo e cose varie. La casa era gelida, dopo i mesi invernali di chiusura, al punto che era più piacevole restare fuori che all’interno. Abbiamo anche cercato di mettere in azione il camino e, dopo qualche abbondante affumicatura del soggiorno, siamo finalmente riusciti ad avere un fuocherello che ha stemperato l’aria. Le previsioni meteo non saranno clementi ancora per parecchio tempo. Domani porteremo Rocco dal meccanico, dove resterà qualche giorno, mentre noi faremo in modo da rendere piacevole il nostro soggiorno a Cucale, pianificando il nostro prossimo futuro. È in programma la visita di Oscar e di Marco, il figlio del fratello di Nat, che arriverà in Serbia per la prima volta. Siamo curiosi di vedere l’effetto che gli farà l’impatto con i Balcani e, soprattutto, con questo piccolo villaggio rurale e i suoi quattro abitanti. Entrambi hanno un sacco di piani su cosa fare una volta arrivati e noi ci faremo in quattro per far combaciare i bisogni e i desideri di tutti.

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