Kalimera Grecia!
Dopo aver passato parecchi mesi in Serbia – per Nat ben 9 e per Francesco quasi 5 – era arrivato il momento di spostarci altrove. Lasciare la Serbia ci riempiva di malinconia dopo tutti i momenti intensi, ricchi di emozioni, di eventi, di scoperte di luoghi e di incontri con belle persone. La Natura ci aveva nutrito di prugne, mele e pere mature colte direttamente dagli alberi, di una quantità di funghi nei boschi e ora iniziavano a essere maturi fichi, nocciole e noci. Le persone invece, ci avevano nutrito con il loro modo aperto e accogliente, quasi avvolgente, di entrare in relazione con noi, come in una grande e amorevole famiglia.
L’autunno si stava annunciando con i primi freschi serali e qualche nebbia mattutina e noi, come uccelli migratori, abbiamo sentito il richiamo del sud per passare l’inverno in luoghi più caldi.
Da Ozren abbiamo preso decisi la strada verso la Macedonia del Nord, non prima di aver fatto un’ultima tappa a Vranje, la città capoluogo del sud della Serbia. Avevamo bisogno di fare bucato e di una comoda e lunga doccia calda, così ci siamo fermati all’Enigma, l’unico camping della zona. L’abbiamo trovato un po’ caro, ma molto ben tenuto, con un ristorante e un’ampia piscina: non per nulla è una sosta molto gettonata dai turisti che vanno in e arrivano dalla Grecia.
Abbiamo visitato la città sotto una pioggia abbondante e insistente che ha trasformato le strade in fiumi di acqua e fanghiglia, inzuppando noi e Numi. Vranje si trova in una zona di coltivazione di peperoni che sono ora arrivati a maturazione e il mercato ne vendeva a cassette, scatole e sacchi, disegnando una invitante tavolozza di gialli, rossi e arancioni brillanti e vivaci. Le massaie serbe ne comprano sacchi interi per preparare l’ajvar, la tradizionale passata di peperoni arrostiti e sbucciati che anche noi adoriamo, ma non subito, dato che abbiamo iniziato un periodo a sola frutta per una bella depurazione prima dell’inverno.
La mattina del sabato in città era movimentata e abbiamo incontrato diversi angoli interessanti, così come molti lavori in corso lungo le strade. L’acqua formava laghetti ovunque e c’era da fare attenzione a evitare una doccia inattesa al passaggio delle auto. Tra un’esplorazione e l’altra abbiamo fatto amicizia con Dragan, un antiquario che gestisce un minuscolo negozio stipato di oggetti di epoche lontane e che, nel retrobottega, fabbrica originali lampade con materiale di recupero. Ha insistito per donarci qualcosa come ricordo, una piccola matrioska portafortuna che ora ci sorride da una mensola del camper. La generosità e l’interesse per l’altro sono tratti comuni della maggior parte della gente serba: quando al mattino siamo rimasti bloccati con Rocco in una strada chiusa per lavori in corso, un ragazzo si è precipitato fuori da un bar vicino per togliere dei paletti e aiutarci a invertire la marcia, senza curarsi delle gocce d’acqua battenti.
La pioggia non accennava a smettere quando la mattina seguente ci siamo messi in viaggio verso sud con l’idea di viaggiare con calma lungo le strade locali. L’ultima, che avrebbe dovuto portarci proprio al confine, si era fatta sempre più abbandonata e senza alcun traffico, con i campi circostanti incolti e privi di anima viva. D’un tratto, in corrispondenza al punto in cui il navigatore indicava il confine, si è presentata davanti a noi una strada in ghiaia battuta, recintata parte a parte da un’alta rete sormontata da spirali di filo spinato. Nessun cartello, nessuna indicazione. L’abbiamo seguita per diverse centinaia di metri, soli soletti, notando le numerose telecamere che ci filmavano. Quel corridoio recintato si snodava sinuoso lungo la linea di confine, senza mostrare interruzioni all’orizzonte. Ci era sempre più chiaro che da lì non c’era verso di passare la frontiera. Siamo tornati verso la cittadina più vicina, Preševo, per fare benzina e chiedere informazioni più attendibili. Lungo la strada abbiamo fermato un uomo per chiedergli dove fosse l’autopompa più vicina e, dopo due chiacchiere, l’abbiamo preso in camper con noi. Era un poliziotto di un’altra città, distaccato nella zona per il controllo dei migranti. I migranti, ecco la ragione per blindare il confine con una doppia recinzione spinata! Il poliziotto ci ha spiegato che l’unico modo di passare dalla Serbia alla Macedonia era attraverso il confine dell’autostrada. Perfino chi arriva in bicicletta o a piedi, deve passare di lì. Eravamo sbalorditi!
Continuava a piovere a dirotto mentre abbiamo attraversato il confine, così abbiamo scelto di proseguire per arrivare in Grecia rapidamente e magari trovare un po’ di sole. Dall’autostrada abbiamo visto sfilare panorami dapprima molto rocciosi e montuosi, poi colline coperte da grandi vigneti e infine un’infinità di campi coltivati. Nonostante il maltempo, la Natura sembrava molto bella e ci siamo detti che un giorno torneremo in Macedonia del Nord per visitarla meglio. Il cielo, nel frattempo, si era finalmente aperto ed entrati in Grecia ci ha accolto un bel sole molto caldo.
Lungo il fiume appena fuori dalla cittadina di Polykastro, dove avevamo scelto di pernottare, abbiamo trovato un buon posto dove fermarci e fare quattro passi insieme a Numi, felice di avere nuovi odori da annusare. Malgrado temperature che si innalzavano a 30°, sopra le montagne all’orizzonte si vedevano grandi nuvole scurissime e il saettare dei fulmini. L’effetto era drammatico, con i rombi in lontananza che arrivavano fino a noi. Rapidamente, le nubi si sono avvicinate minacciose e basse, coprendo tutto il cielo. Un vento violento ha iniziato a soffiare e in men che si dica si è scatenato un temporale di acqua scrosciante, con grandine grossa un paio di centimetri. Rocco si scuoteva con vigore e risuonava come un tamburo mentre fuori non si vedeva nulla per la quantità d’acqua che arrivava addosso al camper a raffiche rabbiose. È stato un momento impressionante, trovarsi allo scoperto su quella spianata a due passi dal fiume, sballottati dal vento e dall’acqua.
Per fortuna, il temporale era solo di passaggio e ce la siamo cavata senza danni, passando il resto della notte in modo tranquillo. Di buon mattino abbiamo ripreso la nostra vecchia abitudine greca di fare una corsetta. Ricominciare è stato più facile del previsto, probabilmente perché la nostra alimentazione ci sta rendendo leggeri e pieni di energia.
I 50 km che ci dividevano da Salonicco sono sfilati con agio e abbiamo incontrato la grossa città ancora avvolta nel torpore della domenica mattina e con poco traffico. In pochi minuti abbiamo trovato un buon posto per sistemare Rocco e siamo andati a passeggiare. Il sole scaldava già parecchio, mitigato da un vento teso e fresco, e abbiamo ammirato le numerose vestigia romane e ottomane che punteggiano la città. La parte ovest di Salonicco è caratterizzata dalla presenza del porto e manca un vero e proprio littorale per fare il bagno o per prendere il sole. Tutto il centro pullulava di bar, caffè e ristoranti, zeppi di persone alle prese con i pasti domenicali. Siamo anche saliti sulla collina che si affaccia sul mare, anch’essa coperta dalle caratteristiche palazzine bianche, per esplorare il Parco del Pasha e le vestigia della muraglia che scendono verso la Tomba di Galerio. In quella zona si trova la città vecchia, che ci ha affascinato con le sue casette basse e le strette vie pavimentate di pietre. Dopo tutte quelle ore di cammino, era arrivata l’ora di tornare alla nostra casetta a quattro ruote. Stanotte dormiremo in città e domani, dopo qualche spesa e l’acquisto di una SIM card greca, scenderemo in Calcidica verso le spiagge. Anche se la meteo annuncia un abbassamento delle temperature per qualche giorno, non ci preoccupiamo: il viaggio ci ha insegnato a prendere tutto quello che arriva godendocelo al meglio.