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Il bis a Tirana

Non riuscivamo a immaginare come avremmo trovato Tirana, dopo due anni. Ricordavamo una città in grande frenesia edile, assaltata da una moltitudine di investitori esteri, pronti a cogliere l’affare in una città affamata di cambiamento e di modernità. Eravamo pronti a cimentarci con il suo traffico caotico, che ci ha avvolti appena ci siamo avvicinati, ma fortunatamente abbiamo trovato un posteggio a ridosso del grande parco cittadino, un posto relativamente calmo e strategico per pochi euro. In effetti, nonostante fossimo a pochi passi dal centro, le notti sono state relativamente silenziose e le giornate miti e gradevoli.

Se nel resto dell’Albania eravamo rimasti sbalorditi dai cambiamenti e soprattutto dal fervore nelle costruzioni lungo il mare e sulle strade, a Tirana non potevamo credere ai nostri occhi. I grattacieli e gli edifici erano cresciuti come funghi ovunque, stravolgendo interi quartieri e le reti sociali che li caratterizzavano. Stentavamo a riconoscere molti dei luoghi in cui eravamo stati solo due anni prima. La piazza centrale, dedicata all’eroe nazionale Skanderbeg, ora era circondata da palazzi moderni altissimi, che ne appiattivano le architetture storiche, composte dall’antica moschea, dal museo nazionale, dall’opera, dalla biblioteca e dal teatro.

Il centro di Tirana sta assomigliando sempre più a quello di una qualsiasi altra città europea, con lo stesso stile architettonico, gli stessi negozi, la stessa insipida musica anglofona nei bar e ristoranti, che sfoggiano gli stessi menù, lo stesso arredamento e la stessa grafica e colore di molte altre città. Se ci avessero bendato, portati lì e poi ci avessero chiesto dove ci trovassimo, avremmo avuto difficoltà a riconoscere la capitale albanese di pochi anni fa.

Ci siamo dunque lanciati in un gioco tra la memoria e la sorpresa, camminando per decine di chilometri a scoprire cosa stesse ancora sopravvivendo al cambiamento e cosa invece fosse ormai scomparso per sempre. Il parco cittadino, ora ripulito, risistemato e ingentilito, insieme al suo lago artificiale, ci hanno offerto un bel salvagente di Natura e di aria respirabile, per riprenderci dal trambusto urbano.

La città era animata a tutte le ore del giorno, con una forte presenza di gente giovane in giro, che portava una benefica vitalità nelle strade. Non abbiamo visto alcun giovane intento a fumare, bere energy drink o alcol e l’abbiamo apprezzato molto. Inoltre, questa volta abbiamo incrociato un’incredibile quantità di italiani. A volte ci chiedevamo seriamente se non fossimo stati teletrasportati a Bari o a Roma! L’Albania, così come pure il resto dei Balcani, sta diventando una meta alla moda, dove anche il turismo medico sta prendendo piede. A Tirana vengono aperti nuovi studi dentistici e cliniche di chirurgia plastica private ogni giorno. Abbiamo così incrociato diverse persone con nasi e volti fasciati, dopo gli interventi di chirurgia estetica appena eseguiti.

Abbiamo naturalmente anche girato per alcuni dei punti di attrazione turistica d’obbligo, come per esempio la piramide fatta costruire da Enver Hoxha, ora in via di sistemazione e attorniata da enormi edifici nuovi di zecca, il ristorante-padiglione Taiwan Center, il complesso dell’hotel Marriott, che comprende il nuovo stadio di calcio e boutiques di marchi prestigiosi, la moschea antica, la cattedrale ortodossa, quella cattolica dedicata (naturalmente) a madre Teresa e la piazza Skanderbeg. Abbiamo visitato la Casa delle Foglie, ora museo del Segurimi, il servizio segreto albanese che per oltre quarant’anni aveva avuto il controllo totale sul destino degli albanesi.

L’allestimento museale della casa, che paradossalmente era stata la prima clinica ostetrica d’Albania, trasmetteva il senso di terrore e pervasività del controllo su ogni aspetto della vita dei cittadini, funzionari statali inclusi. Decine di migliaia di persone erano state perseguitate e/o uccise e le loro famiglie tenute sotto stretta sorveglianza, perché la paranoia statale temeva il nemico sia all’esterno, sia all’interno del Paese. La propaganda del regime mostrava costantemente una falsa realtà di felicità e prosperità, mentre l’Albania e il suo popolo erano immersi nella povertà, nell’isolamento e nel terrore. Ci ha fatto rabbrividire il fatto che al giorno d’oggi non serve più un regime totalitario per mantenere uno stato di paura, isolamento e impoverimento economico e culturale. Siamo noi stessi che sacrifichiamo la nostra libertà, la nostra responsabilità, il nostro senso di comunità e di socialità, disperdendoci in un mare di distrazioni tecnologiche e apparentemente gratuite, che in realtà ci sottraggono ogni briciola di privacy e di umanità, cedendo la nostra vita a sistemi capaci di un dominio capillare e pervasivo. Senza rendercene conto, stiamo diventando sempre più isolati, controllati, senza storia né memoria, malati, tristi, depressi, costantemente terrorizzati da crisi permanenti, in un’ambiente sempre più inquinato e soffocato dai rifiuti.

Nat ha scovato una simpaticissima parrucchiera, che aveva vissuto 16 anni a New York e non vedeva l’ora di conversare un po’ in inglese. Ne ha guadagnato un bel taglio fresco e corto, adatto alla primavera che si sta annunciando. Appena fuori dal centro abbiamo passato diverse ore all’Uzina Dinamo, un grande mercato di frutta e verdura, ma soprattutto di abiti e scarpe, nuove o di seconda mano. Anche se le nuove costruzioni lo stavano assediando, il mercato e il suo quartiere vibravano ancora del piccolo commercio, con i venditori di mobilia e stoffe con la mercanzia sulla strada, e i banchi di vendita infilati in bassi edifici, a formare vere e proprie caverne traboccanti di mercanzia.

Benché felici di aver fatto questa tappa, dopo tre giorni di frenesia eravamo più che pronti a lasciare quell’immenso cantiere. Una cosa ci è chiara: se ci capiterà di tornarci, la troveremo senz’altro ancora più trasformata. Speriamo che non perda del tutto il suo charme balcanico che ancora conserva tratti profondamente umani. Malgrado le ovvie difficoltà che l’Albania sta attraversando e avrà ancora da attraversare, è proprio questo tratto che ricerchiamo e che ci fa tornare in queste zone sempre con piacere.

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