posti e persone

Aspro est

Dopo l’immersione archeologica nella civiltà minoica tra Festo, Knossos e il museo di Heraklion, ne avevamo abbastanza del ritmo cittadino e ci siamo spostati a sud, per esplorare la costa orientale dell’isola. La natura in questa zona cambia parecchio, mostrando tratti più aspri, con rilievi rocciosi e brulli in cui si aprono strette gole. La vegetazione è rada, con pochi alberi; spesso s’incontrano greggi di pecore e capre che brucano quello che trovano sui terreni e pendii sassosi. Le vallate e i fianchi delle colline, invece, sono coperte di distese di olivi, serre e campi. Per arrivare nelle località lungo la costa è necessaio percorrere le curve e i tornanti di erte strade che spesso terminano in corrispondenza dei paesini. Così è stato il caso della meta che avevamo scelto per fermarci alcuni giorni: Tsoutsouras. Il villaggio era piccolo e tutto sembrava chiuso per la stagione invernale. Invece, un paio di ristoranti ancora funzionavano, così come un piccolo emporio che fungeva da luogo di incontro per i maschi del posto. Ci siamo piazzati lungo la spiaggia, appena fuori dal paesino, in modo che Numi potesse scorrazzare liberamente sulla sabbia. Abbiamo incontrato una simpatica coppia di Lucerna che badava a una casa in assenza dei proprietari, abitandoci con i loro due figli. Ci hanno raccontato che per trovare opportunità di house sitting esiste una piattaforma online, permettendo così alle persone di viaggiare e di vivere immersi nelle realtà di luoghi in giro per il mondo a un costo ridotto.

Il tempo continunava ad essere piacevole e ne abbiamo approfittato per prendere il sole, fare il bagno in mare e, soprattutto, camminare a lungo. A est di Tsoutsouras, a qualche chilometro sul sentiero lungo le scogliere a ovest, abbiamo visitato Maridaki, un pugno di case sul mare, dove la spiaggia di ghiaietta offriva angoli e caverne tra le rocce, al riparo dal vento. Ci siamo sentiti come dei principi, a prendere il sole di dicembre, con il rumore delle onde che echeggiava tra gli scogli.

Numi, nel frattempo, aveva scoperto un nuovo gioco. Desideroso di annusare da vicino una capra, aveva notato che questa fuggiva non appena si avvicinava. Da lì in poi ha iniziato a precipitarsi a rincorrere ogni capra che incontrava, per poi arrestarsi davanti ai dirupi scoscesi su cui quella si riparava. Era un vero spasso, anche se qualche volta siamo rimasti con il fiato sospeso, quando Numi si sporgeva dai precipizi da dove non saremmo mai stati in grado di recuperarlo.

Da Maridaki partiva una strada sterrata che si inoltrava in un paesaggio lunare e desertico. Dal mare si alzava ripida la scogliera, per trasformarsi in un pianoro arido, sorvegliato da una catena di spuntoni di rocce nude e frastagliate. Lì si trovava il monastero di Agios Nikita, in corrispondenza dell’unica vena d’acqua della zona, segnata da una piccola foresta di palme da dattero. Da sopra, il monastero appariva formato da lunghi edifici bianchi, gli alloggiamenti dei monaci, tra cui si snodava la lunga scalinata che portava alla bellissima spiaggia sottostante. Ad accoglierci abbiamo trovato un vecchio monaco, curvo e dal passo lento. Nikita, il suo nome, sembrava vivere lì da solo, come un eremita. Ci chiedevamo come potesse fare, dato che il posto era piuttosto esteso, con molti alberi e piante, e tuttavia ben curato e pulito. Ci siamo arrangiati con le poche parole in greco che sappevamo per spiegargli da dove venivamo e di che confessione fossimo (era questa la questione che più gli premeva). Si vedeva che Nikita aveva piacere a prendersi un momento per scambiare quattro chiacchiere con noi e per mostrarci il luogo. Ci ha accompagnati alla piccolissima chiesa, scavata in una grotta, dedicata al santo e ha insistito per donarci alcune piccole croci in legno da portare al collo. Nonostante l’età e gli acciacchi, aveva uno sguardo vispo e divertito e abbiamo passato insieme un bel momento di tranquillità e amicizia.

Sulla via del ritorno abbiamo incrociato due turiste, una donna con la figlia adolescente. La donna ci ha chiesto se a Meridaki fosse aperto il ristorante e poi ci ha consigliato quelli di Tsoutsouras, decantandone la squisitezza dei piatti a base di carne e di pesce. Non poteva nemmeno immaginare di stare a parlare con due vegani in pieno periodo crudista. Ci ha poi consigliato di tenere Numi al guinzaglio perché una capra aveva appena dato alla luce una capretta, proprio lungo il sentiero. Infatti, poco più in là, abbiamo udito un flebile belato. La capra madre ci osservava, ritta su un sasso, mentre la piccola tremava sulle zampe malferme, belando. Sul sentiero c’era ancora la placenta fresca e quella capretta doveva essere giunta in questo mondo da pochissimo tempo. Eppure, era già completa e pronta per il suo mondo. La madre l’avrebbe accudita e svezzata rapidamente, insegnandole a seguire i suoi istinti atavici.

La vita appena sbocciata, fresca e al contempo delicata, in mezzo a quelle rocce brulle, ci ha profondamente commossi. Ci sono salite le lacrime agli occhi per la gioia e la bellezza di un momento intimo così prezioso. Ci siamo allontanati con cautela, senza rumori o movimenti bruschi, guidando Numi con il guinzaglio in modo che non spaventasse la piccola creatura, appena arrivata su questa terra.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *