Resoconto laconico (ma non troppo)
A Eumelia abbiamo lavorato sodo per 8 giorni consecutivi, sperimentando direttamente il processo di raccolta delle olive fino alla loro elaborazione in frantoio. Sono state giornate intense e molto belle, in cui abbiamo avuto modo di fare il giro di quasi tutti gli ulivi dell’importante proprietà di Frangiskos e Marilena, conoscerne le differenti varietà, ma soprattutto diventare pappa e ciccia con il loro figlioletto di 4 anni, Iasonas, che è stato appiccicato a noi per otto giorni di fila, senza mai lamentarsi per noia, stanchezza o fame: un bambino d’oro con il quale abbiamo passato meravigliose ore di letizia.
Il nostro accordo iniziale con la famiglia era di lavorare 5 ore al giorno per 5 giorni alla settimana in cambio di cibo (l’alloggio già ce l’abbiamo). Marilena ci prepara dunque i pranzi e la sera ci cuciniamo qualcosa in camper. Dato che la raccolta delle olive ha richiesto più ore delle 5 convenute all’inizio (una volta che si inizia con la raccolta, non si smette finché non si termina il lavoro), ci siamo presi 5 giorni per esplorare la regione nella quale ci troviamo: la Laconia.
Così, sotto un sole ancora molto intenso, martedì pomeriggio siamo partiti per Archangelos, in Laconia sud-orientale, per portare – da parte di un nostro conoscente ticinese – i nostri saluti a un abitante del posto, Dimitros. L’idea era di fare un giro di quella parte del Peloponneso, risalendo in seguito verso Monemvasia. Arrivati a Archangelos, ci siamo imbattuti in un paesino di mare completamente in disarmo: arrivando a fine ottobre, non è stata una sorpresa. Ovviamente, anche se speravamo il contrario, anche il bar di Dimitros era chiuso.
Abbiamo allora deciso di fare l’unica cosa che ci è parsa giusta in quel momento: un bagno in mare. Avendo adocchiato una lunga spiaggia di sabbia in pieno sole (calante) poco distante, ci siamo diretti lì. Il sole stava già tramontando e abbiamo fatto il nostro bagno in un’acqua cristallina davanti a una spiaggia deserta. Deserta? No, ecco che tra gli alberi spunta un uomo dai lunghi capelli un po’ arruffati, ci saluta e si tuffa in mare pure lui. Per farla breve: abbiamo iniziato a chiacchierare e abbiamo continuato la nostra piacevolissima conversazione in camper, al calduccio e ben oltre il tramonto.
Alexandros è uno scultore mezzo greco e mezzo tedesco, che abita con la sua compagna Maria in una comunità a poca distanza dal mare, un po’ in collina. I punti in comune e i temi sollevati erano tanti, ci siamo perciò scambiati gli indirizzi, con la promessa di rivederci presto.
Ci corichiamo felici di quest’incontro inaspettato ma, dopo un attimo, Kut inizia a rigirarsi nel letto, poi si alza ed esclama: “Non mi sento tranquillo qui, andiamocene”. Torniamo quindi ad Archangelos e ci sistemiamo lungo la stradina principale. Alle 4 di mattina inizia a piovere a catinelle, un vero e proprio nubifragio, le strade si coprono subito di pozzanghere e il vento scuote il povero Rocco. Una finestra laterale non riesce a contenere tutta la massa d’acqua e la pioggia inizia a infiltrarsi nel camper. Passiamo il resto della notte tra catini e strofinacci, ma ringraziamo il buon intuito di Kut per averci tolto dalla spiaggia, dove la strada sterrata piena di buche che avevamo preso per arrivarci, allagandosi, non ci avrebbe permesso di tornare alla strada asfaltata e ci avrebbe tenuti bloccati ed esposti alle intemperie.
Al primo mattino decidiamo di lasciare il piccolo borgo addormentato e ci dirigiamo verso Neapolis, con l’intento di visitare un castello e la foresta petrificata, situati nei paraggi. Non piove più e arriviamo a Neapolis di buon’ora. È il 28 di ottobre, l’ohi day (giorno del No), il giorno in cui, nel 1940, i greci hanno detto in massa NO alle truppe di Mussolini. Al giorno d’oggi è una festa nazionale, con parate di bambini e soldati. Ebbene, al mattino presto dell’ohi day, al porto di Neapolis ci sono solo cani, gatti, Rocco con noi due a bordo e qualche vecchietto locale. È tutto chiuso, salvo qualche baretto portuale.
Facciamo quattro passi per le viuzze strette di questa piccola cittadina e ad un tratto torna il nubifragio. In men che si dica è nuovamente tutto coperto d’acqua, che scorre giù dalle colline in fiumiciattoli che riempiono le strade e si riversano nel mare. Decidiamo di spostarci verso il castello Agia Paraskevi, più per fare qualcosa che per altro, sperando che la pioggia ce lo permetta.
Dopo aver abitato a Bellinzona per tanti anni, il castello in questione ci sembra piccolo e diroccato. Ciononostante ci apprestiamo ad esplorarlo di buona lena, incontrando sul nostro cammino anche uno spagnolo che da tre anni percorre l’Europa in bicicletta. Ci dice che i posti migliori per pernottare sono le chiese ortodosse di campagna, che offrono un buon riparo per chi, come lui, è in giro con una tenda.
Dato che siamo già in zona, decidiamo di visitare anche la foresta fossile di Agia Marina, il risultato di un processo lunghissimo e alquanto raro, creatosi nel corso di milioni di anni. Si trova in un Geoparco a una quindicina di km da Neapolis. Un’intera foresta di pini, palme e altri alberi petrificata nel tempo. Alberi diventati pietra. Sotto una pioggia torrenziale, ci troviamo a percorrere i 15 km che ci separano dal Geoparco su stradine strette, sterrate e totalmente improponibili per il nostro povero Rocco! Raccomandiamo questi 15 km sotto il nubifragio a tutti quelli che si annoiano in ufficio o altrove: adrenalina garantita!
Posteggiamo Rocco su uno spiazzo di terreno in vendita. Non vi è anima viva attorno, la pioggia continua a cadere e non c’invoglia ad uscire. Siamo lì, impantanati in mezzo al nulla ad aspettare che la pioggia smetta. E poi, finalmente, per un’oretta cessa davvero. Ci fiondiamo fuori a visitare la zona. All’inizio siamo circondati da macchia selvaggia a vista d’occhio, carina, ma niente di particolarmente spettacolare, poi, man mano che avanziamo sul sentiero, ecco la foresta… un’area arcaica e impavida, presente da tempi remoti, anzi remotissimi, con un’energia imperturbata molto particolare. Siamo impressionati. La zona è davvero speciale, unica.
Torniamo giusto in tempo per riprendere Rocco e scappare a gambe levate: riecco il temporale. Vogliamo passare la notte a Neapolis e sotto la pioggia battente ci vuole quasi un’ora per percorrere quei pochi chilometri. Posteggiamo il camper in una stradina laterale, mentre il cielo sversa fiumi di acqua e raffiche di vento impetuose.
Il giorno seguente ci svegliamo e… miracolo, è tornato il sole! Che meraviglia! Tutto risplende e sembra più bello. È la giornata giusta per andare a Monemvasia, una delle perle del Peloponneso, una cittadella fortificata costruita su un isolotto all’epoca dell’impero bizantino.
Arriviamo ad un porticciolo e posteggiamo il nostro Rocco in mezzo ad altri 5 Hymer e ad un enorme veicolo-camion, tutti con targhe olandesi. Salutiamo la gaia compagnia olandese, scarichiamo le nostre bici, pedaliamo fino al ponte che porta all’isolotto, lo attraversiamo, saliamo verso la porta d’entrata principale e, una volta entrati nella cittadella, oh meraviglia!
Ci ritroviamo in un contesto mozzafiato, una cittadina di una bellezza spettacolare. Girovaghiamo per le strette viuzze, ammiriamo le sue bellissime case in pietra, le sue innumerevoli chiesette, saliamo fino alla parte alta, dove vivevano le famiglie più benestanti e poi riscendiamo nuovamente verso la parte bassa, senza riuscire a sottrarci alla potente forza di attrazione che Monemvasia esercita su di noi. Il Malvasia, ben conosciuto da tutti gli amanti dei vini, proviene da questa regione: un vino amato anche nell’antichità e con il quale i veneziani, che governarono a lungo la città, già facevano commercio.
Passiamo una buona parte della giornata a esplorare ogni angolo di Monemvasia, poi, felici e beati, torniamo al nostro porticciolo, attaccando bottone con gli olandesi presenti. Kut motiva la banda di maschi a trovare una soluzione per la nostra finestra sgocciolante ed io mi ritrovo con il gruppetto di donne a parlare di figli, gioielli e pigiamini per i nipoti.
Abbiamo lasciato Eumelia da pochissimi giorni e ci sembra di essere in giro da settimane. Quante cose si possono vivere in così poco tempo! Ora ci troviamo a pochi chilometri dalla nostra famiglia greca, su una spiaggia scoperta ieri che ci ha tenuti inchiodati qui per la sua bellezza. Con un lungomare di diversi chilometri, una taverna con tavoli apparecchiati direttamente sulla spiaggia (e ottimo cibo anche per noi vegani), un mare accogliente, cristallino e ancora caldo e una doccia funzionante lì accanto, chi ha voglia di andarsene via da qui?