Non sempre va tutto come ti aspetti
Lasciata allegramente alle spalle Saranda, ci siamo diretti verso Borsch, dove avevamo visto sulla mappa una lunga spiaggia con un facile accesso pianeggiante. Questa parte di costa albanese è stretta da montagne sassose e brulle, e solo qui e là ci sono tratti di spiaggia, spesso raggiungibili solo attraverso strade molto ripide. Dopo i saliscendi lungo i fianchi dei monti, con pendenze del 10% e oltre, volevamo dare a Rocco un po’ di respiro.
Molti villaggi albanesi hanno una origine più antica in alto, sul monte, e uno sviluppo in stile moderno lungo il mare. Fino a tempi relativamente recenti, la gente di queste parti preferiva vivere protetta dalle montagne, piuttosto che essere esposta a sbarchi dal mare. La vecchia Borsch offre una fonte di ottima acqua, proprio lungo la statale, nel bel mezzo delle case e proprio sotta alla terrazza di un caffè. Ci siamo fermati un attimo e abbiamo riempito il nostro bidoncino di acqua potabile. Siamo arrivati alla spiaggia più a valle con l’aspettativa di trovare quello che ci avevano raccontato di quel luogo, ovvero un’infrastruttura turistica ancora poco sviluppata e ampie zone selvatiche, con canneti e vegetazione spontanea. L’ideale per una sosta di campeggio libero.
Con nostra grande sorpresa, vi abbiamo trovato un cantiere. La zona sembra stata sgombrata con le ruspe, con riporti di ghiaia lungo il bagnasciuga per proteggerlo dall’erosione delle onde. Le linee elettriche sembravano appena rifatte, con l’installazione di lampioni lungo la strada lungomare, rimasta ancora sterrata e con le buche destinate ai tombini. L’area, che immaginavamo selvaggia, ora risulta parzialmente riempita di materiale da demolizioni edili, compresso a formare il sottofondo della strada. In generale regnava un’atmosfera dimessa, qui e là punteggiata da cassonetti debordanti di rifiuti. Lungo la spiaggia bivaccavano anche alcune magre mucche, che avevano punteggiato la zona con le loro cacche. Una zona acquitrinosa lì vicino offriva un concerto di rane che ci ha poi cullato durante la notte. La stagione turistica è relativamente vicina, ma le uniche tracce di preparazione sono alcuni fabbricati in costruzione, che aggiungevano un effetto provvisorio da cantiere, con nuvole di polvere sollevate dai mezzi all’opera.
Malgrado questo spettacolo desolante, il mare restava di un colore magnifico, con i suoi toni di blu turchese da trasparente a profondo. Il sole, anche se leggermente velato, scaldava. Abbiamo trovato un angolino adatto per fermarci a dormire e, dopo un bagno rinfrescante, ci siamo avventurati fino al limite nord della spiaggia, dove abbiamo incontrato accampamenti di altri camperisti: polacchi, tedeschi, croati e francesi. Un bel mix, senza dubbio.
Il mattino dopo, di buon’ora, abbiamo ripreso la strada verso nord, in cerca di un altro posto carino che ci ispirasse. Le previsioni meteo annunciavano una giornata calda, fino ai 30 gradi. In effetti, il sole aveva iniziato a scaldare già dalle sette del mattino. Ancora una volta, abbiamo affrontato le ripide strade, e piano piano siamo arrivati a Himarë, una cittadina di 50.000 abitanti. Qui ci siamo concessi una bella passeggiata e un buon caffè turco. Il piccolo bar che abbiamo scelto, discosto dal lungomare, è risultato essere gestito da persone appartenenti alla minoranza greca di Albania. Per noi è stata una bella sorpresa riconoscere i suoni a cui ci eravamo abituati in Grecia, riconoscendo addirittura diverse parole nei loro discorsi.
Dobbiamo ammettere che, nonostante i nostri sforzi, ci risulta difficile memorizzare i termini albanesi e soprattutto riconoscerli nella parlata della gente. Noi, comunque, ci proviamo e anche se facciamo sorridere più di una persona, vediamo che i nostri goffi tentativi di comunicare sono apprezzati.
Dopo aver ammirato la bellezza del mare abbiamo lasciato la cittadina e ci siamo diretti alla spiaggia di Livadhit, poco lontana. Anche in questa occasione siamo scesi per qualche chilometro dalla strada statale sul monte, lungo una via ripida e tortuosa. Arrivati alla spiaggia, abbiamo incontrato nuovamente grandi lavori in corso. La strada sterrata e aperta da scavi per installare lampioni, linee elettriche e canali per le fognature, cantieri di nuove costruzioni, ruspe, camion e autobetoniere in azione. Con Rocco abbiamo dovuto fare le gimcane per districarci fra tombini aperti, bordi stradali smangiati e incroci da brivido con i camion. L’unico spazio disponibile per noi rimaneva il camping locale, dove erano già installati alcuni camper.
L’idea di fermarci lì, con tutta la polvere e i rumori, non ci piaceva. Dopo l’ennesima manovra di inversione, siamo tornati sui nostri passi e abbiamo continuato, questa volta in direzione di Dhërmi. La giornata intanto scorreva e la temperatura aumentava. Ormai sembrava una giornata estiva, la prima di vero caldo, dopo una primavera contrassegnata da temperature più fredde della media, portate dai venti nordici.
A Dhërmi, abbiamo trovato la stessa situazione già vissuta nei luoghi precedenti. Un enorme cantiere a cielo aperto: strade aperte da scavi, lavori dappertutto, camion e autobetoniere lanciate lungo le strade ripide, furgoncini, un brulicare di operai e di grosse auto degli operatori immobiliari. Ogni angolo di costa sembrava sotto attacco di ruspe ed escavatori. Eravamo frastornati. Alla fine, siamo finiti nel posteggio di un ristorante, per riorientarci e decidere il da farsi.
Nel posteggio era fermo anche un camioncino. Mentre guardavamo la mappa, l’autista del pick-up è partito in retromarcia, senza guardare, ed ha sbattuto con il cassone contro la fiancata di Rocco. La botta è stata secca e ha rotto il rivestimento in due punti, penetrando fino al materiale isolante. Niente di grave, ma era un fastidio in più e abbiamo iniziavamo a chiederci come mai in questa giornata nulla stesse scorrendo fluido e si susseguissero tutti questi intoppi. In questo viaggio, stiamo imparando che ogni evento, anche quello che sembra meno favorevole, poi prende un suo senso e porta un apprendimento. Chissà quale sarà il nostro…
Dopo tutte queste scosse e l’incidente, abbiamo deciso di prenderci il lusso di una camera in hotel. Ci sentivamo stanchi e desiderosi di relax e di una lunghissima doccia calda. Così abbiamo trovato l’Ecohotel Hildon, e ci siamo accomodati. L’hotel sembrava appena terminato, c’erano ancora degli artigiani impegnati nelle rifiniture di alcune stanze, ma l’ambiente era carino e la camera pulita e luminosa.
Attraversata la strada-cantiere e la spiaggia mezza invasa dal ghiaione, ci siamo goduti un bel bagno in mare, dove l’acqua fredda ci ha ristorati e ricaricati, e qualche ora di bel sole. E poi, via in hotel per una doccia infinita. Con la nostra spugna di loffa, abbiamo grattato via gli strati di pelle vecchia, ammorbidita dal calore dell’acqua, e ci siamo ritrovati puliti e splendenti dall’effetto doccia-prolungata.
Francesco era riuscito a rilassarsi dopo la guida e l’incidente. Le situazioni appena vissute (i cantieri, la guida prudente, il tamponamento) gli sembrano specchi del suo stato d’animo e dei suoi pensieri prevalenti. Fin dal mattino si era sentito con il cuore appesantito e con pensieri di preoccupazione e di tristezza. E quello che stavamo incontrando non faceva che confermare quelle sensazioni. Sembrava quasi una magia, ma avevamo davvero la sensazione di aver creato quelle realtà.
Così, abbiamo deciso di riprendere il controllo. In fin dei conti, abbiamo sempre il potere e la responsabilità di scegliere quali pensieri pensare, e di cambiare il nostro stato d’animo. Abbiamo iniziato a mettere l’attenzione su tutte le cose e le persone belle che stavamo incontrando, e a lasciar andare ogni aspettativa di come dovrebbe essere questa parte di viaggio in Albania, per accogliere quello che arriva con un’attitudine positiva e di apprezzamento.
Di colpo, hanno iniziato ad arrivare le soluzioni. Un impiegato dell’albergo ci ha prestato il suo telefono per gli accordi con l’assicurazione svizzera, abbiamo trovato il materiale per riparare il danno al camper per i prossimi giorni, abbiamo dormito benissimo, e ci siamo anche goduti una ricca colazione. Così ricca da permetterci di rastrellare pezzi di formaggio, pane, uova sode e pezzi di würstel, che abbiamo portato a cinque cuccioletti che avevamo individuato accanto all’hotel, ben mimetizzati in un magazzino di materiale da spiaggia. Per loro è stata una gran festa: erano proprio affamati. Nel frattempo, il tempo si è messo al bello e caldo, e davanti a noi si aprono ancora diversi giorni di mare e di Albania.