Lehel, 69 anni, Čitluk, Serbia sud-orientale
Lehel Horvàt, ungherese di nascita e serbo di adozione, è stato il nostro “blatologo” d’eccezione durante il corso di costruzione tradizionale di due forni al quale abbiamo partecipato. “Blato” in serbo significa fango, ma nelle costruzioni tradizionali indica anche una miscela di terra argillosa, sabbia e paglia tritata. Sotto lo sguardo attento di Lehel, di miscela ne abbiamo impastata una quantità enorme, in quest’ultima settimana passata a Čitluk.
Con il suo cappello di paglia, le coloratissime salopettes e la parlatina sciolta e ispirata, Lehel ci ha stregati tutti fin dal primo istante. L’avevamo già conosciuto l’anno scorso a Fruska Gora e ora ci tenevamo a frequentare un suo seminario esperienziale. Con 50 anni di sapere pratico, accumulato nell’ambito delle tecniche di costruzione con metodi naturali e tradizionali, Lehel è una fonte inesauribile di conoscenze e informazioni su tutto ciò che interessa anche a noi: la costruzione con materiali recuperati e ottenibili sul posto, il recupero e il restauro di vecchi edifici tradizionali e, in generale, la vita in armonia con i principi e nel rispetto della Natura.
Da dove Lehel attinga la sua immensa vitalità, resterà un suo segreto. Probabilmente è semplicemente connesso a ciò che ama fare e questo lo rende coinvolto, interessante e affascinante. Fatto sta che per sette giorni l’abbiamo sempre visto in ottima forma e pronto a nuove avventure sin dal primo mattino. Le sue innumerevoli storie ci hanno dilettato nei momenti di pausa e nei tanti momenti di lavoro, durante i quali ci impartiva continue lezioni di termodinamica, di statica, di tecnologia dei materiali e di tecnica edilizia: un’enormità di informazioni.
I nostri due forni sono sorti mentre li concepivamo, come frutto di un’opera collettiva e al contempo adattata alle condizioni del posto, sotto le direttive del nostro blatologo di fiducia. Ridendo, scherzando e mescolando fango in quantità impensabili, lentamente e inesorabilmente li abbiamo visti delinearsi. Uno, gigantesco, servirà a riscaldare una casetta tradizionale serba durante i rudi mesi invernali. L’altro, più piccolo e modesto, servirà a cucinare prelibatezze e a riempire la casa di buoni odori.
Lehel ha studiato ingegneria civile, ha insegnato all’Università per diversi anni, ma ha scelto vie più alternative strada facendo. Fin da giovane ha capito l’importanza di acquisire le conoscenze necessarie per essere indipendenti e questo lo ha portato a imparare un vasto repertorio di tecniche e abilità. Vive in un “salaš ” che ha ovviamente ristrutturato lui stesso e che ha volutamente lasciato senza elettricità. Il salaš è un podere che, oltre alla casa principale, raggruppa altre costruzioni accessorie, come la stalla, il fienile, il granaio. Tradizionalmente, vi abitava una famiglia per molte generazioni. Sua moglie Eva, che preferisce gli agi e le comodità di una cittadina, vive a 4 km. È da più di 45 anni che lei e Lehel alimentano il loro rapporto con le rispettive differenze e preferenze personali. Un bell’esempio di rispetto reciproco per la diversità dell’altro.
I due hanno due figlie, di cui una ancora più sbrigliata del padre. Da fresca universitaria con una doppia laurea e diversi primi premi vinti per invenzioni e meriti personali, la giovane ha preferito cercare il suo equilibrio e la sua felicità in contesti molto più minimali, come ad esempio la vita in una comunità di montagna, senz’acqua né elettricità. Il padre si diverte molto delle avventure della figlia ed è sempre curioso di scoprire quali altre modalità esistenziali riesca ad escogitare.
Lo spirito libero di Lehel, la sua mente vispa, il suo senso dell’humor e la sua incredibile e costante presenza attiva ci sono piaciuti moltissimo. È un vero leader che sa motivare, stimolare, insegnare e ispirare chi gli sta attorno. In diverse occasioni ci ha suonato e cantato musiche e canzoni serbe e ungheresi, accompagnandosi con il liuto tradizionale che suonava con grande entusiasmo. Schizzava le sue idee creative direttamente sui muri delle case e divulgava con manifesto piacere i suoi processi mentali. Cospargeva gli insegnamenti più teorici con abbondanti annedoti personali, uno più interessante e divertente dell’altro, testimoni di una vita piena, vissuta con fervore e totale dedizione. Lehel è un vero e proprio maestro, uno che vive ciò che asserisce e divulga.
Abbiamo passato una bellissima settimana all’insegna dell’amicizia e del buon umore e, grazie a lui, anche della consapevolezza che è possibile creare ciò di cui abbiamo bisogno con ciò che si trova a disposizione nelle immediate vicinanze, senza alcun bisogno di cercare lontanto. Gli uomini dell’età della pietra sono una costante ispirazione per Lehel, che li considera più intelligenti di noi. Ci abbiamo pensato e gli diamo ragione: i cosidetti cavernicoli erano totalmente assorti nel qui e ora e usavano la loro intelligenza (che all’epoca non poteva contare sull’esperienza che abbiamo accumulato noi) per risolvere nel miglior modo possibile e con i mezzi che avevano a disposizione le concrete difficoltà che incontravano. Tornare alla Natura e a un’essenza più cavernicola forse sarebbe opportuno per i tempi che stiamo vivendo. La vita comoda che abbiamo inventato e pratichiamo non rende l’essere umano felice.