Il Giardino della Gioia
In queste ultime tre settimane abbiamo scoperto alcune delle innumerevoli bellezze d’Italia e, scendendo sempre più a sud, abbiamo incontrato realtà sempre più lontane dalla nostra. In questi ultimi giorni siamo stati ospiti in un ecovillaggio pugliese, dove abbiamo raccolto olive (Nat) e aiutato a costruire una struttura in legno per coprire un forno esterno (Kut).
Si può senz’altro dire che siamo usciti dalla nostra zona di comfort, arrivando al Giardino della gioia (situato tra Torre Mileto e San Nicandro) in un giorno di pioggia, uno dei rari giorni di pioggia da quelle parti. Il viaggio da Termoli a San Nicandro era stato breve e piacevole, accompagnato da una pioggerellina densa e persistente fin dal primo mattino. Arrivati a Torre Mileto, incontriamo Padma e Alessandro che ci aspettano nel loro furgone con l’intento di aiutarci a trovare la strada per il Giardino. Poco più lontanto, il furgone entra direttamente in un cancello, dietro al quale si trova una giovane donna bionda che porta in braccio un bel bambino altrettanto biondo. Pensando di essere arrivati, vogliamo sistemare Rocco in un angolo idoneo, ma non è quella la destinazione finale e ci ritroviamo così a proseguire – sempre seguendo il furgone – su una stretta stradina sterrata, tutta in salita, fangosa e piena di sassi appuntiti, costeggiata da olivi dai rami sporgenti che graffiano inevitabilmente il nostro povero camper. Finalmente, dopo un tempo che ci pare infinito, il furgone si ferma, e sotto una pioggia incalzante, ne scendono Padma e Alessandro, vispi e allegri. Quanto a noi, posati su un terreno cosparso di sassi e tutto sbilenco, attorniati da quegli strani alberi dal tronco tutto attorcigliato e storto, ci guardiamo chiedendoci seriamente: “ma cosa ci facciamo qui?”.
Scendiamo dal camper di malavoglia, né motivati, né particolarmente divertiti, e ci dirigiamo verso un uliveto molto vasto in cui notiamo diverse strutture che la pioggia non abbellisce di certo, anzi! Sembra tutto grigio e inquietante. Entriamo in una di queste strutture e ci sembra di essere entrati in una grotta: nella penombra distinguiamo la presenza di diverse persone, una dozzina in tutto. Realizziamo di trovarci in una cucina.
Per farla breve: pranziamo alle 16.30, passiamo un tempo infinito a discutere su libertà individuali, responsabilità personali e necessità di strutture e regole, scopriamo che non c’è acqua calda e che l’acqua che esce dai rubinetti è salata, uno dei cani mi salta addosso con le sue zampe piene di fango e sporca i vestiti puliti… insomma quel primo giorno è stato estenuante!
Passiamo una notte molto agitata, cercando una buona scusa per andarcene da lì.
E poi arriva il giorno successivo. Con il suo sole e la sua aria mite. Improvvisamente tutto appare più nitido, sensato. Il Giardino è verde, l’aria è buona, le strutture, d’un tratto, appaiono originali e creative, s’intravvede il mare a neanche un chilometro, gli olivi diventano antiche e amabili figure gentili e pure le persone sembrano più belle e simpatiche. Dopo aver fatto un’ora di yoga e aver mangiato ottima frutta per colazione, ci apprestiamo a iniziare il lavoro per il quale siamo venuti in primo luogo: per me, la raccolta delle olive. Mi butto a fondo nel nuovo compito e tra risate, sana fatica, condivisioni e pause con ottimo cibo, mi rendo conto che sto imparando un sacco di cose. Non solo come si posano le reti, come si fanno cadere le olive, senza perderne neanche una, come si “abbacchiano” poi “pettinano” per recuperarle, ma anche quanta energia, amore e pazienza ci vogliono per riempire anche solo una cassetta di piccole perle ovali che daranno, una volta passate al frantoio, il prezioso olio d’oliva extra-vergine!
Ho condiviso momenti molto intensi con persone meravigliose di tutte le età e motivate dallo stesso intento: partecipare alla creazione di un mondo diverso, meno competitivo, più solidale e amorevole. La bellissima esperienza vissuta al Giardino della gioia ci è rimasta impressa profondamente. Or ora siamo imbarcati su un traghetto che ci porta verso la Grecia, ma il desiderio di tornare al Giardino (e in Puglia in generale), è grande. Ci abbiamo lasciato un pezzetto del nostro cuore.
Complimenti per le nuove scoperte, le foto, la descrizione dettagliata dei posti e delle persone. Avevo letto del vostro viaggio sul Corriere del Ticino. Questo si chiama uscire dalla Comfort Zone…ci vuole coraggio e spensieratezza per andare alla ricerca dell’io e per imparare nuove cose ora che siete ancora giovani, senza aspettare la pensione…quando l’indipendenza economica sarà’ ancora più’ sicura. Raccolta delle olive e vendemmia, attività’ che andrebbero fatte una volta nella vita….buon viaggio
Grazie Emilio! Lasciare la zona di comfort a volte fa paura. D’altra aprte, così la vita si fa interessante. Talvolta troppe sicurezze portano a spegnersi prima del tempo. Un abbraccio! Nat&Kut